Continuiamo la catechesi sui Novissimi:
VITA ETERNA
S.Paolo fu il primo grande convertito al Cristianesimo: Da feroce persecutore dei cristiani diventò apostolo ardente perché toccò con mano la verità del Vangelo, perché vide Gesù Cristo e sentì la sua voce. Dopo la sua conversione, lavorò solo per conoscere e amare Gesù Cristo, per convincere i popoli ad accettare il Vangelo. Egli per essere degno di Cristo e per conquistare il premio della vita eterna, non solo lavorò, ma soffrì tanto; soffrì la fame, la sete, la nudità, il carcere, fu preso a sassate, fu flagellato. Egli non avrebbe certamente tanto sofferto se non fosse stato convinto della realtà della vita eterna. Per la fede cristiana e per la vita eterna offrì la sua vita, fu martirizzato.
S.Paolo si considerava un pellegrino desideroso di raggiungere la patria lontana. Egli faceva sentire il suo lamento, manifestava il suo grande desiderio: “desidero morire per essere con Cristo”(Fil 1,23). Esortava i cristiani a vivere sulla terra da pellegrini, a non dimenticare la vera patria.
S.Paolo, nelle sue lettere, parla della risurrezione e della vita eterna; dice che il corpo risorgerà per ricongiungersi con l’anima e vivere eternamente con essa. Ecco le sue parole: “Quando verrà disfatto questo corpo, nostra abitazione sulla terra, riceveremo un’abitazione da Dio, una dimora eterna nei cieli, non costruita da mani di uomo. Perciò sospiriamo in questo nostro stato, desiderosi di rivestirci del nostro corpo celeste”(2 Cor 5). S.Paolo parla del nostro corpo che è fragile e di breve durata (lo paragona ad una tenda); ma dice che, nell’eternità, avremo un’abitazione stabile, spirituale ed eterna. Questa abitazione stabile ed eterna è il corpo risuscitato e glorioso, di cui l’anima sarà rivestita alla fine dei tempi. Avremo un corpo celeste.
S.Paolo, assicurando con certezza assoluta la vita eterna, esorta vivamente i cristiani a cercare, a desiderare le cose del cielo e non quelle della terra. “Non abbiamo quaggiù una città stabile, ma cerchiamo quella futura” (Eb 13,14).
Stiamo lieti dunque, Gesù trasformerà il nostro misero corpo perché possa essere conforme al suo corpo glorioso; ma dobbiamo essere degni di questa trasformazione, dobbiamo meritarla con la nostra vita cristiana.
Stiamo lieti. Dio ci ha creato per vivere sempre. Col nostro corpo glorificato, riunito all’anima, vivremo eternamente felici: vedremo, ameremo, loderemo Dio
Esempio: Giuda Maccabeo
Giuda Maccabeo vissuto 150 anni prima di Gesù Cristo, adorava il vero Dio, credeva alla risurrezione dei morti e difendeva audacemente la religione.
In un combattimento furono uccisi molti suoi soldati. E si trovò che questi morti avevano sotto il vestito oggetti consacrati agli idoli. Erano stati infedeli al vero Dio ed erano morti a causa della loro infedeltà. Allora si pregò perché il peccato commesso da quei caduti fosse perdonato. Il nobile Giuda Maccabeo esortò il popolo a conservarsi senza peccato, poi fece una colletta e raccolse molto denaro e mandò a Gerusalemme dodicimila dramme d’argento per fare offrire un grande sacrificio per quei soldati morti perché fossero assolti dai loro peccati.
Giuda raccolse le dramme e fece offrire il sacrificio perché credeva alla vita eterna e alla risurrezione. Infatti senza la risurrezione sarebbe stato superfluo e inutile pregare per i morti. Egli aveva lo sguardo alla ricompensa riservata a coloro che credono in Dio e vivono per la sua gloria.
L’INFERNO
Si parla poco dell’inferno, ci si pensa pure poco; anzi c’è perfino chi dice che l’inferno sia una favola. Ma l’inferno c’è davvero, non possiamo dubitarne.
Gesù ha parlato molte volte dell’inferno e nel modo più chiaro. Ha detto che l’inferno esclude dal regno, che è fuoco eterno, è tenebra, è pianto e stridore di denti, è pena e tormento senza alcun sollievo.
Gesù Cristo giudice comanderà “ai servi cattivi e pigri, di andare al fuoco eterno, nelle tenebre esteriori dove ci sarà il pianto e lo stridore dei denti “ (LG: 48).
Ci deve bastare la parola di Cristo per credere che l’inferno c’è e che è una terribile realtà. Si deve credere e discendere all’inferno da vivi per non andarci dopo la morte.
Anche se l’inferno non fosse così terribile come viene descritto basterebbe solo pensare che l’anima è punita a stare senza Dio. L’anima creata per Iddio, per la felicità eterna è condannata all’infelicità, è respinta dalla luce, dal regno. Questa pena è terribile: non ci si può pensare senza essere sconvolti.
Il solo pensiero di dovere stare per tutta la vita terrena in un carcere, in un sotterraneo, in un deserto, ci riempie di spavento e di tristezza. Ma il pensiero di essere condannati all’inferno dove la speranza è finita, dove la pena è eterna, ci deve riempire di tristezza infinita, di dolore immenso. Se non fosse così è segno che non abbiamo compreso la religione; è segno che non viviamo per Iddio, che non abbiamo fede.
La meditazione dell’inferno ci deve portare a questa conclusione: i veri poveri, i veri infelici, i veri disgraziati sono solo quelli che vanno all’inferno. Perciò la realtà dell’inferno ci deve spronare ad essere i servi buoni e fedeli del Signore.
Chi non cura l’anima, chi non si pente e non ripara il male fatto, chi muore senza ravvedersi carico di peccati gravi, non può pretendere di essere ammesso alla casa del Padre. Chi non osserva nemmeno la legge naturale scritta da Dio in tutti i cuori, non può pretendere il premio eterno.
L’Inferno è per i cattivi, per i peccatori, per tutti i malvagi e i perfidi che non vogliono sapere niente della legge di Dio.
L’inferno non è per i buoni. Chi è buono e vive in grazia di Dio non deve aver paura dell’inferno. I buoni sono al sicuro. Tutti quelli che temono Dio, che vivono alla sua presenza, che osservano con buona volontà la sua legge, camminano sicuri verso il Paradiso. La bontà chiude l’inferno e apre la casa del Padre celeste.
Esempio: S.Benedetto Labre
S.Benedetto Labre francese pellegrinò per la Francia, la Germania, la Spagna visitando i Santuari più celebri. Poi venne in Italia. Passò gli ultimi sei anni a Roma dove viveva in assoluta povertà. Dormiva sotto le arcate del Colosseo o sui gradini delle Chiese. Si nutriva con la roba che riceveva in elemosina e che distribuiva anche ad altri poveri. Durante la giornata si trovava quasi sempre nelle chiese in fervorosa preghiera davanti al Santissimo Sacramento. Specialmente frequentava il quartiere della Madonna dei Monti dove morì nel 1783.
Questo Santo pellegrino viaggiò sempre a piedi portando con sé il libro delle preghiere e il Crocifisso. Coperto di miseri vestiti, si fermava sui margini della strada per prendere un po’ di cibo che spesso era solo un pezzo di pane. La gente che passava lo guardava con compassione e gli diceva quasi in senso di disprezzo:”povero disgraziato!”.
Egli era poverissimo, ma si sentiva ricchissimo perché amava Dio. Al sentirsi dire “disgraziato”, si alzava in piedi e diceva forte:”Voi mi dite disgraziato, ma io sono felice. Sono disgraziati solo quelli che vanno all’inferno”.
IL PARADISO
Gesù Cristo parlava spesso del Paradiso, del premio che il suo Padre celeste dà ai buoni. Diceva: “Rallegratevi che i vostri nomi sono scritti nei cieli” (Lc 10.20).”Fatevi un tesoro inesauribile nei cieli, dove i ladri non arrivano, e la tignola non consuma” (Lc 12,33).
Gesù assicurò il Regno dei cieli a tutti i poveri in spirito, proclamò solennemente che i tribolati, i perseguitati godranno in Paradiso: “Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli”(Mt 5,12).
Gesù perfino mise in guardia dal pericolo delle ricchezze che possono essere un ostacolo per il Paradiso. Dopo che il giovane ricco si rifiutò di seguirlo, Gesù disse: “Quelli che hanno ricchezze difficilmente entreranno nel regno di Dio” (Mc 10,23).
Il Paradiso c’è: è la vera patria del cristiano, è il regno di Dio, la felicità eterna.
Ma il paradiso della terra attrae e fa dimenticare il vero Paradiso. La gente si affanna per farsi il paradiso terrestre: vuol godere solo sulla terra. Le città sono state trasformate e abbellite, rese incantevoli, piene di delizie terrene. Le case sono come piccole regge che rendono dilettevole la vita. Si cercano continuamente divertimenti e piaceri di ogni genere. Il paradiso per molti consiste nel denaro, nelle ricchezze, nei lussi, nelle comodità, nel godere la vita presente.
Ma la gente si illude. Cerca la felicità dove non c’è. Anche se la nostra terra contiene tante meraviglie è sempre luogo di esilio, è sempre valle di lacrime. Le gioie e i piaceri terreni sono fugaci e lasciano amarezze nei cuori.
Si deve pensare al vero Paradiso e non attaccarsi a quello della terra. Vuotare i cuori dalle molte e inutili speranze terrene e metterci l’unica speranza del Paradiso. Si deve lavorare per conquistare il Paradiso; si deve meritare con la bontà che richiede lavoro, sacrifici e rinunce.
Quanti sacrifici ed eroismi per le conquiste terrene, per le gare e i primati! Si mette in pericolo e ci si perde perfino la vita. Eppure le vittorie e le glorie del mondo danno solo illusioni di felicità.
Apriamo gli occhi: Consideriamoci pellegrini verso il Paradiso. Lasciamo le vanità. Pensiamo, desideriamo, lavoriamo per il Paradiso.”Bisogna, come ci avvisa il Signore, che vegliamo assiduamente, affinchè, finito l’unico corso della nostra vita terrena, meritiamo con lui di entrare al banchetto nuziale ed essere annoverati tra i beati” (LG:48)
Esempio: S.Giovanni Crisostomo
S.Giovanni Crisostomo, vissuto nel V secolo, era vescovo di Costantinopoli, uno dei pastori più ammirati ed amati, il più eloquente e travolgente predicatore del suo tempo. Venne chiamato Crisostomo che vuol dire bocca d’oro, proprio perché parlava molto bene. La sua parola affascinava le folle che lo applaudivano. Però molti si sentivano offesi e condannati dalla parola del santo vescovo e lo odiavano.
Anche l’imperatrice Eudossia, ambiziosa e intrigante, lo odiava e chiedeva che l’imperatore lo condanasse.
L’imperatore Arcadio cercava il modo di condannarlo. Ma un savio consigliere disse all’imperatore: “se manderai il vescovo Giovanni all’esilio, egli sarà contento. Non teme l’esilio perché la sua patria è il mondo intero. Se lo priverai dei suoi averi, non punirai lui ma i poveri della città, ai quali i suoi beni sono destinati. Se lo metterai in carcere, egli bacerà le catene che lo legano. E se lo condannerai alla morte gli farai il regalo più bello, quello di farlo morire martire per la sua fede. Se vuoi colpire il vescovo Giovanni dovrai indurlo a commettere qualche peccato. Egli teme solo il peccato”.
Quel consigliere fece l’elogio più bello del santo Vescovo. Giovanni Crisostomo temeva solo il peccato; aveva solo paura di offendere Dio. Egli credeva al Paradiso, desiderava solo il Paradiso e viveva per fare tutto bene, per dare gloria a Dio.
Ricordiamo per l’entrante settimana:
Domenica 13 novembre:ore 18.30 S.Rosario, breve catechesi, Benedizione Eucaristica
Giovedì 17 novembre la catechesi alle ore 19.00 è sospesa
Salutandovi paternamente vi benedico
Don Stefano Canonico
Note:
- Il Parroco è a disposizione dei Fedeli dopo ogni S.Messa o per appuntamento
- L’Ufficio parrocchiale è aperto ogni mercoledì non festivo dalle ore 9.30 alle ore 12.00
- E’ stato acquistato un baldacchino per la chiesa che è stato esposto durante le “Quaranta Ore”.
Chi può è invitato a contribuire alla spesa sostenuta di Euro 3.500,00 con un’offerta che può essere consegnata direttamente al parroco o a chi per lui presente in sacrestia. Grazie
- Si fa presente che la nostra chiesa non riceve contributi da nessuno e quindi vive con le offerte dei fedeli. Un grazie ai benefattori.
- Per eventuali bonifici o versamenti presso la FriulAdria Credit Agricole – via Mazzini 7 –
34121 Trieste: conto corrente 400855/12 – codice IBAN IT68I0533602207000040085512
- Chi è interessato a consultare il “Blog” della parrocchia, su internet può digitare l’indirizzo:
www.tradizionetrieste.info
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