26 novembre 2011

Bollettino parrocchiale: Domenica I di Avvento - 27 novembre 2011

Con questa domenica inizia il nuovo Anno Liturgico, l’Anno della Chiesa.
L’Avvento è un tempo di penitenza e di preparazione alla Festa del Santo Natale: la sua origine risale al IV secolo. Anticamente era considerato come una seconda Quaresima, sebbene meno rigorosa.Sembra sia stato il papa S.Gregorio Magno, verso la fine del VI secolo ad estendere a tutta la Chiesa tale osservanza già praticata in molti luoghi. La sua durata nei secoli VII-IX venne fissata a quattro settimane, forse a significare i quattromila anni che, secondo il computo antico trascorsero dalla creazione del mondo alla venuta del Messia.
Carattere dell’Avvento è la penitenza e la tristezza temperata però e ravvivata dal lieto annuncio della prossima liberazione: e la Chiesa ad esprimere sensibilmente questo concetto usa nelle sacre funzioni il colore violaceo e sopprime nella S.Messa la recita del “Gloria” ma continua a far sentire il gioioso “Alleluia”.
Misticamente l’Avvento vuol significare la venuta di Gesù Cristo:
1) nel mondo secondo la carne
2) nelle anime per mezzo della grazia
3) alla fine dei secoli in gloria e maestà per giudicare i vivi e i morti
Questo triplice avvenimento è ricordato sovente nella liturgia di questo Tempo liturgico attraverso le infuocate parole dei Patriarchi e dei Profeti che lo preannunciarono. Per cui l’Avvento si può anche definire trepidante attesa del Salvatore.

22 novembre 2011

Aspettando il sole che sorge

La Tradizione della Chiesa è un serbatoio inesauribile di “novità”, al contrario di quanto pensa chi ricerca il nuovo esclusivamente nelle mode che non lasciano il segno. Essa, infatti, riesce sempre a stupirci, in virtù di una freschezza che si rinnova con il passare del tempo. Ecco allora che oggi viene presentata ai fedeli triestini l’opportunità di attualizzare una consuetudine cara ai nostri padri, a cominciare dal momento in cui la Chiesa celebra l’attesa del Messia che viene. Il tempo dell’Avvento esprime la preparazione del passaggio dalle tenebre del peccato e della morte alla luce della vita, incarnatasi nel Cristo, l’autentico “Sol invictus”: in questo periodo i fedeli sono invitati a svegliarsi dal sonno, abbandonare le opere delle tenebre e rivestirsi del Signore (S. Paolo, Rm, 13,11).

La comunità parrocchiale della Beata Vergine del Rosario, Cappella Civica municipale, inaugura l’apertura dell’anno liturgico 2011-2012 offrendo alla cittadinanza la possibilità di rivivere un uso tradizionale, purtroppo smarritosi negli ultimi decenni: con l’Avvento avrà inizio la celebrazione quotidiana delle “Messe dell’aurora”, dette anche “Messe Rorate”, dalle parole dell’introito “Stillate rugiada, o cieli”, tutti i giorni da lunedì a venerdì compresi alle ore 7 del mattino, iniziando il 28 novembre prossimo. Le liturgie saranno celebrate nella lingua latina, secondo la forma straordinaria del rito romano, accompagnate dal canto della cappella corale diretta da Elia Macrì, che proporrà mottetti proprî di questo tempo forte.

19 novembre 2011

Bollettino parrocchiale: Domenica XXXIV del tempo ordinario - 20 novembre 2011

Continuiamo la catechesi sui Novissimi:

CHI MERITA IL PARADISO
Merita il Paradiso chi è buono, ossia chi ama e serve fedelmente Dio e muore nella sua grazia”. La bontà ci assicura il Paradiso, ci apre la casa del Padre. Chi è buono si impegna seriamente a conoscere e ad amare Dio, a farlo conoscere e amare; chi è buono cerca sempre di fare la volontà di Dio, di dare gloria a Lui. Chi è buono chiede al Signore che possa vivere sempre in grazia. Chi è buono pensa al Paradiso, lo desidera ardentemente e prega che la sua anima, appena sciolta dal corpo, possa entrare nel regno dei cieli.
Perciò dobbiamo conquistare la bontà, arricchirci di bontà.
Tre cose sono preziose e affascinanti per tutti: La giovinezza, la bellezza, la bontà. La giovinezza non ce la possiamo dare, non la possiamo fermare, niente può farla rifiorire. Non si legge mai che fra i miracoli autentici della storia ci sia stato quello di un vecchio ritornato giovane; risuscitati, sì; ma ringiovaniti, no.
La bellezza ha una storia misteriosa. Ce n’è poca nel mondo, ma mette in agitazione tutti…Si sogna, si desidera, ma non ce la possiamo dare.
La bontà, la santità, è una realtà più grande e più divina che la giovinezza e la bellezza, è un poema che si costruisce con la grazia divina e la nostra libera e virtuosa cooperazione, possiamo e dobbiamo conquistarla…Dalla bontà, dalla santità, affiora nell’animo una spirituale e misteriosa bellezza che traspare anche sul volto di un vecchio o di un povero!”
La bontà è l’armonia dell’anima, come la bellezza e la salute sono l’armonia del corpo.
Perciò dobbiamo conquistare la bontà, arricchirci di bontà, diventare sempre più buoni. Ogni giorno che passa una maggiore bontà.
La vera ricchezza è la bontà, la vera giovinezza è la bontà, la vera bellezza è la bontà. Chi è buono è ricco, è sempre giovane e bello. L’anima in grazia che cerca, sente Dio e vive di Lui, porta con sé il Paradiso, è sicura del Paradiso.

Esempio: UN PATTO TRA DUE AMICI

S.Giovanni Bosco, quando era in Seminario, ebbe come compagno molto caro Luigi Comollo. Questi due amici fecero questo patto: “Colui che muore per primo, se sarà permesso da Dio, porterà all’altro la notizia della sua salvezza”.
Luigi Comollo morì a 22 anni nel 1839 e fece conoscere a Giovanni Bosco di essere salvo.
Ecco come S.Giovanni Bosco racconta il fatto:” Era la notte che seguiva il giorno della sepoltura di Comollo, ed io riposavo nel dormitorio con venti alunni. Non dormivo però, ma stavo pensando alla promessa fatta; e, quasi presago di ciò che doveva accadere, ero in preda ad una paurosa commozione. Quando, sullo scorrere della mezzanotte, si ode un cupo rumore in fondo al corridoio…e il rumore si fa sempre più forte, spaventoso e la porta del dormitorio si apre violentemente…Ad un certo momento si fa improvviso silenzio, splende viva una luce, e si ode distintamente risuonare la voce di Comollo, ma più esile di quando era vivo, che, per tre volte, dice: Bosco!Bosco!Bosco! Io sono salvo!
I compagni, balzati di letto, fuggirono e passarono la notte aspettando il sollievo della luce del giorno. Tutti avevano udito il rumore. Parecchi intesero la voce…”
S.Giovanni Bosco conclude così il suo racconto: “siamo abbastanza certi dell’esistenza dell’anima, senza cercare altre prove. Ci basti quello che ci ha rivelato Gesù Cristo”.


13 novembre 2011

Bollettino parrocchiale: Domenica XXXIII del tempo ordinario - 13 novembre 2011

Continuiamo la catechesi sui Novissimi:

VITA ETERNA

S.Paolo fu il primo grande convertito al Cristianesimo: Da feroce persecutore dei cristiani diventò apostolo ardente perché toccò con mano la verità del Vangelo, perché vide Gesù Cristo e sentì la sua voce. Dopo la sua conversione, lavorò solo per conoscere e amare Gesù Cristo, per convincere i popoli ad accettare il Vangelo. Egli per essere degno di Cristo e per conquistare il premio della vita eterna, non solo lavorò, ma soffrì tanto; soffrì la fame, la sete, la nudità, il carcere, fu preso a sassate, fu flagellato. Egli non avrebbe certamente tanto sofferto se non fosse stato convinto della realtà della vita eterna. Per la fede cristiana e per la vita eterna offrì la sua vita, fu martirizzato.
S.Paolo si considerava un pellegrino desideroso di raggiungere la patria lontana. Egli faceva sentire il suo lamento, manifestava il suo grande desiderio: “desidero morire per essere con Cristo”(Fil 1,23). Esortava i cristiani a vivere sulla terra da pellegrini, a non dimenticare la vera patria.
S.Paolo, nelle sue lettere, parla della risurrezione e della vita eterna; dice che il corpo risorgerà per ricongiungersi con l’anima e vivere eternamente con essa. Ecco le sue parole: “Quando verrà disfatto questo corpo, nostra abitazione sulla terra, riceveremo un’abitazione da Dio, una dimora eterna nei cieli, non costruita da mani di uomo. Perciò sospiriamo in questo nostro stato, desiderosi di rivestirci del nostro corpo celeste”(2 Cor 5). S.Paolo parla del nostro corpo che è fragile e di breve durata (lo paragona ad una tenda); ma dice che, nell’eternità, avremo un’abitazione stabile, spirituale ed eterna. Questa abitazione stabile ed eterna è il corpo risuscitato e glorioso, di cui l’anima sarà rivestita alla fine dei tempi. Avremo un corpo celeste.
S.Paolo, assicurando con certezza assoluta la vita eterna, esorta vivamente i cristiani a cercare, a desiderare le cose del cielo e non quelle della terra. “Non abbiamo quaggiù una città stabile, ma cerchiamo quella futura” (Eb 13,14).
Stiamo lieti dunque, Gesù trasformerà il nostro misero corpo perché possa essere conforme al suo corpo glorioso; ma dobbiamo essere degni di questa trasformazione, dobbiamo meritarla con la nostra vita cristiana.
Stiamo lieti. Dio ci ha creato per vivere sempre. Col nostro corpo glorificato, riunito all’anima, vivremo eternamente felici: vedremo, ameremo, loderemo Dio

Esempio: Giuda Maccabeo
Giuda Maccabeo vissuto 150 anni prima di Gesù Cristo, adorava il vero Dio, credeva alla risurrezione dei morti e difendeva audacemente la religione.
In un combattimento furono uccisi molti suoi soldati. E si trovò che questi morti avevano sotto il vestito oggetti consacrati agli idoli. Erano stati infedeli al vero Dio ed erano morti a causa della loro infedeltà. Allora si pregò perché il peccato commesso da quei caduti fosse perdonato. Il nobile Giuda Maccabeo esortò il popolo a conservarsi senza peccato, poi fece una colletta e raccolse molto denaro e mandò a Gerusalemme dodicimila dramme d’argento per fare offrire un grande sacrificio per quei soldati morti perché fossero assolti dai loro peccati.
Giuda raccolse le dramme e fece offrire il sacrificio perché credeva alla vita eterna e alla risurrezione. Infatti senza la risurrezione sarebbe stato superfluo e inutile pregare per i morti. Egli aveva lo sguardo alla ricompensa riservata a coloro che credono in Dio e vivono per la sua gloria.




L’INFERNO

Si parla poco dell’inferno, ci si pensa pure poco; anzi c’è perfino chi dice che l’inferno sia una favola. Ma l’inferno c’è davvero, non possiamo dubitarne.
Gesù ha parlato molte volte dell’inferno e nel modo più chiaro. Ha detto che l’inferno esclude dal regno, che è fuoco eterno, è tenebra, è pianto e stridore di denti, è pena e tormento senza alcun sollievo.
Gesù Cristo giudice comanderà “ai servi cattivi e pigri, di andare al fuoco eterno, nelle tenebre esteriori dove ci sarà il pianto e lo stridore dei denti “ (LG: 48).
Ci deve bastare la parola di Cristo per credere che l’inferno c’è e che è una terribile realtà. Si deve credere e discendere all’inferno da vivi per non andarci dopo la morte.
Anche se l’inferno non fosse così terribile come viene descritto basterebbe solo pensare che l’anima è punita a stare senza Dio. L’anima creata per Iddio, per la felicità eterna è condannata all’infelicità, è respinta dalla luce, dal regno. Questa pena è terribile: non ci si può pensare senza essere sconvolti.
Il solo pensiero di dovere stare per tutta la vita terrena in un carcere, in un sotterraneo, in un deserto, ci riempie di spavento e di tristezza. Ma il pensiero di essere condannati all’inferno dove la speranza è finita, dove la pena è eterna, ci deve riempire di tristezza infinita, di dolore immenso. Se non fosse così è segno che non abbiamo compreso la religione; è segno che non viviamo per Iddio, che non abbiamo fede.
La meditazione dell’inferno ci deve portare a questa conclusione: i veri poveri, i veri infelici, i veri disgraziati sono solo quelli che vanno all’inferno. Perciò la realtà dell’inferno ci deve spronare ad essere i servi buoni e fedeli del Signore.
Chi non cura l’anima, chi non si pente e non ripara il male fatto, chi muore senza ravvedersi carico di peccati gravi, non può pretendere di essere ammesso alla casa del Padre. Chi non osserva nemmeno la legge naturale scritta da Dio in tutti i cuori, non può pretendere il premio eterno.
L’Inferno è per i cattivi, per i peccatori, per tutti i malvagi e i perfidi che non vogliono sapere niente della legge di Dio.
L’inferno non è per i buoni. Chi è buono e vive in grazia di Dio non deve aver paura dell’inferno. I buoni sono al sicuro. Tutti quelli che temono Dio, che vivono alla sua presenza, che osservano con buona volontà la sua legge, camminano sicuri verso il Paradiso. La bontà chiude l’inferno e apre la casa del Padre celeste.

Esempio: S.Benedetto Labre

S.Benedetto Labre francese pellegrinò per la Francia, la Germania, la Spagna visitando i Santuari più celebri. Poi venne in Italia. Passò gli ultimi sei anni a Roma dove viveva in assoluta povertà. Dormiva sotto le arcate del Colosseo o sui gradini delle Chiese. Si nutriva con la roba che riceveva in elemosina e che distribuiva anche ad altri poveri. Durante la giornata si trovava quasi sempre nelle chiese in fervorosa preghiera davanti al Santissimo Sacramento. Specialmente frequentava il quartiere della Madonna dei Monti dove morì nel 1783.
Questo Santo pellegrino viaggiò sempre a piedi portando con sé il libro delle preghiere e il Crocifisso. Coperto di miseri vestiti, si fermava sui margini della strada per prendere un po’ di cibo che spesso era solo un pezzo di pane. La gente che passava lo guardava con compassione e gli diceva quasi in senso di disprezzo:”povero disgraziato!”.
Egli era poverissimo, ma si sentiva ricchissimo perché amava Dio. Al sentirsi dire “disgraziato”, si alzava in piedi e diceva forte:”Voi mi dite disgraziato, ma io sono felice. Sono disgraziati solo quelli che vanno all’inferno”.








IL PARADISO

Gesù Cristo parlava spesso del Paradiso, del premio che il suo Padre celeste dà ai buoni. Diceva: “Rallegratevi che i vostri nomi sono scritti nei cieli” (Lc 10.20).”Fatevi un tesoro inesauribile nei cieli, dove i ladri non arrivano, e la tignola non consuma” (Lc 12,33).
Gesù assicurò il Regno dei cieli a tutti i poveri in spirito, proclamò solennemente che i tribolati, i perseguitati godranno in Paradiso: “Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli”(Mt 5,12).
Gesù perfino mise in guardia dal pericolo delle ricchezze che possono essere un ostacolo per il Paradiso. Dopo che il giovane ricco si rifiutò di seguirlo, Gesù disse: “Quelli che hanno ricchezze difficilmente entreranno nel regno di Dio” (Mc 10,23).
Il Paradiso c’è: è la vera patria del cristiano, è il regno di Dio, la felicità eterna.
Ma il paradiso della terra attrae e fa dimenticare il vero Paradiso. La gente si affanna per farsi il paradiso terrestre: vuol godere solo sulla terra. Le città sono state trasformate e abbellite, rese incantevoli, piene di delizie terrene. Le case sono come piccole regge che rendono dilettevole la vita. Si cercano continuamente divertimenti e piaceri di ogni genere. Il paradiso per molti consiste nel denaro, nelle ricchezze, nei lussi, nelle comodità, nel godere la vita presente.
Ma la gente si illude. Cerca la felicità dove non c’è. Anche se la nostra terra contiene tante meraviglie è sempre luogo di esilio, è sempre valle di lacrime. Le gioie e i piaceri terreni sono fugaci e lasciano amarezze nei cuori.
Si deve pensare al vero Paradiso e non attaccarsi a quello della terra. Vuotare i cuori dalle molte e inutili speranze terrene e metterci l’unica speranza del Paradiso. Si deve lavorare per conquistare il Paradiso; si deve meritare con la bontà che richiede lavoro, sacrifici e rinunce.
Quanti sacrifici ed eroismi per le conquiste terrene, per le gare e i primati! Si mette in pericolo e ci si perde perfino la vita. Eppure le vittorie e le glorie del mondo danno solo illusioni di felicità.
Apriamo gli occhi: Consideriamoci pellegrini verso il Paradiso. Lasciamo le vanità. Pensiamo, desideriamo, lavoriamo per il Paradiso.”Bisogna, come ci avvisa il Signore, che vegliamo assiduamente, affinchè, finito l’unico corso della nostra vita terrena, meritiamo con lui di entrare al banchetto nuziale ed essere annoverati tra i beati” (LG:48)

Esempio: S.Giovanni Crisostomo

S.Giovanni Crisostomo, vissuto nel V secolo, era vescovo di Costantinopoli, uno dei pastori più ammirati ed amati, il più eloquente e travolgente predicatore del suo tempo. Venne chiamato Crisostomo che vuol dire bocca d’oro, proprio perché parlava molto bene. La sua parola affascinava le folle che lo applaudivano. Però molti si sentivano offesi e condannati dalla parola del santo vescovo e lo odiavano.
Anche l’imperatrice Eudossia, ambiziosa e intrigante, lo odiava e chiedeva che l’imperatore lo condanasse.
L’imperatore Arcadio cercava il modo di condannarlo. Ma un savio consigliere disse all’imperatore: “se manderai il vescovo Giovanni all’esilio, egli sarà contento. Non teme l’esilio perché la sua patria è il mondo intero. Se lo priverai dei suoi averi, non punirai lui ma i poveri della città, ai quali i suoi beni sono destinati. Se lo metterai in carcere, egli bacerà le catene che lo legano. E se lo condannerai alla morte gli farai il regalo più bello, quello di farlo morire martire per la sua fede. Se vuoi colpire il vescovo Giovanni dovrai indurlo a commettere qualche peccato. Egli teme solo il peccato”.
Quel consigliere fece l’elogio più bello del santo Vescovo. Giovanni Crisostomo temeva solo il peccato; aveva solo paura di offendere Dio. Egli credeva al Paradiso, desiderava solo il Paradiso e viveva per fare tutto bene, per dare gloria a Dio.


Ricordiamo per l’entrante settimana:

Domenica 13 novembre:ore 18.30 S.Rosario, breve catechesi, Benedizione Eucaristica

Giovedì 17 novembre la catechesi alle ore 19.00 è sospesa

Salutandovi paternamente vi benedico

Don Stefano Canonico




Note:

  • Il Parroco è a disposizione dei Fedeli dopo ogni S.Messa o per appuntamento
  • L’Ufficio parrocchiale è aperto ogni mercoledì non festivo dalle ore 9.30 alle ore 12.00
  • E’ stato acquistato un baldacchino per la chiesa che è stato esposto durante le “Quaranta Ore”.
Chi può è invitato a contribuire alla spesa sostenuta di Euro 3.500,00 con un’offerta che può essere consegnata direttamente al parroco o a chi per lui presente in sacrestia. Grazie
  • Si fa presente che la nostra chiesa non riceve contributi da nessuno e quindi vive con le offerte dei fedeli. Un grazie ai benefattori.
  • Per eventuali bonifici o versamenti presso la FriulAdria Credit Agricole – via Mazzini 7 –
34121 Trieste: conto corrente 400855/12 – codice IBAN IT68I0533602207000040085512
  • Chi è interessato a consultare il “Blog” della parrocchia, su internet può digitare l’indirizzo:
www.tradizionetrieste.info

05 novembre 2011

Bollettino parrocchiale: Domenica XXXII del tempo ordinario - 6 novembre 2011

 Siamo nel mese di novembre tradizionalmente dedicato al ricordo orante per i Defunti. E’ quindi più che mai opportuno una salutare catechesi sulla morte, sulla vita eterna sul valore e il dovere del Suffragio cristiano.
Cominciamo perciò a riflettere sui”Novissimi” (Morte, Giudizio, Inferno e Paradiso)

PENSARE E PREPARARSI ALLA MORTE
La morte, nonostante che sia una realtà terribile, non impressiona più come una volta. La fretta, il chiasso, la superficialità fanno dimenticare la morte. Si vive come non si dovesse mai morire, come se la morte fosse la fine di tutto, come se non vi fosse l’altra vita.
La guerra, le stragi, le crudeltà, le vendette, gli egoismi, gli spettacoli hanno reso insensibili molti cuori. Non si fa più caso alla morte. La gente è scossa, è distratta, non riflette più. Molti ragionano così: “Quando la morte verrà ce la prenderemo, ma ora viviamo spensierati, stiamo contenti, cerchiamo di godere più che possiamo”.
Non deve essere questa la condotta del cristiano. Il cristiano deve pensare alla morte e prepararsi a ben morire. “Beato chi tiene di continuo davanti agli occhi l’ora della sua morte, e ogni giorno si prepara a morire”.
In qualsiasi età, si deve pensare spesso alla morte, tenerla presente come fatto certissimo che può accadere quando meno si pensa.
Il buon cristiano ragiona così:”Io, o presto o tardi, dovrò morire, dovrò lasciare tutto e tutti; il mio corpo ritornerà alla terra. Devo perciò curare il corpo, dimora dell’anima, perché non abbia ad essere mezzo di male, perché non abbia ad offendere l’anima. Devo preoccuparmi soprattutto dell’anima, interessarmi di vivere in grazia, così quando verrà la morte, l’anima sarà finalmente libera, splendente di vita immortale”.